Dovevo saperlo che prima o poi avremmo fatto qualcosa insieme.

Non so se ti è capitato mai di conoscere qualcuno con cui si crea subito una grandissima inaspettata affinità. A me sì, due volte. Ho conosciuto Damiano qualche anno fa al Freelance Camp di Marina Romea. C’è da dire che io adoro l’ironia e mi trovo meglio con le persone che la sanno usare. Una battuta tira la successiva, ci si guarda e sai che sta per scattare un momento follia, una dice una cosa, l’altro la cavalca per andare ancora più lontano. Noi proprio così, gemelli separati alla nascita. In più lui aveva una voce super radiofonica, parlava inglese con un accento impeccabile e viveva in Germania: curiosità a mille.

Scoprimmo là di avere lo stesso amore per il teatro e per l’uso della voce, molte esperienze insolite, ma due vite completamente diverse e la voglia di raccontarsele proprio per questo. Passammo tutta la serata nel parcheggio accanto al mare a parlare di cose improbabili che ci erano successe, a cercare di capire di più, a crescere. Sono passati tre, quattro anni da allora e abbiamo continuato a sentirci: qualche video call, chat fuori testa, audio messaggi e video su What’s App in cui abbiamo costruito storie tra il serio e il faceto (diciamo molto più verso il faceto) in un botta e risposta veloce, creativo, divertente.

Poi quest’anno, senza dirmelo, lui compra l’attrezzatura per fare un podcast in inglese e senza dirglielo, io penso che sarebbe anche ora di farne uscire uno mio. È così che un giorno su Instagram in pubblico dico a tutti che sta per arrivare il nostro podcast senza che lui sappia niente. Non mi dice no, anzi la settimana dopo siamo in call per capire cosa fare, dire, come impostare il tutto. Le cose vanno anche così, senza averle programmate prima.

Questo podcast nasce per divertirci, per sperimentare un nuovo mezzo, e per quanto mi riguarda per fare pace con le mie imperfezioni. Lavorando come voice talent registro la stessa frase fino allo sfinimento se non viene come dico io. Ogni parola ha un’intonazione, l’espressione deve corrispondere alla vera intenzione del testo, la velocità deve essere adeguata ai minuti che ho a disposizione. Qui no, qui non rispetto la dizione, a volte urlo perché ho la cuffia troppo alta, salto da un pensiero all’altro, dico una cosa molto meno bene di quanto vorrei e quando mi riascolto sento un sacco di difetti. Ma va bene così. Abbiamo deciso infatti di andare a ruota libera su un tema che ci interessa, senza decidere scalette, senza sapere cosa dirà l’altro, lasciando che siano il nostro lato professionale e quello cazzone a vedersela tra di loro. Improvvisiamo e ogni puntata ci miglioriamo perché riascoltandoci capiamo cosa possiamo fare meglio per agevolare il pubblico tipo cercare di farle durare meno (ci stiamo seriamente provando ma è molto difficile quando si è in due).

Questo podcast si chiama Cabaretto e si compone di 10 puntate. Mette insieme il lato divertente del cabaret con le chiacchiere che si fanno nel baretto sotto casa: semplici, senza pretese, tra amici. Nell’intro delle puntate diciamo “pensieri imperfetti e vite imperfette ma proprio per questo vere.” Questo possiamo assicurartelo: tutto quello che diciamo è frutto della nostra esperienza e della nostra voglia di esserci e di documentare un passaggio della nostra storia.

In questa avventura non siamo soli, ci affiancano:

  • Roberto Pasini che ha realizzato le copertine di tutte le puntate, che ci sopporta e supporta anche quando non abbiamo idea di come fare una delle 100 cose che abbiamo fatto
  • Francesco Bonalume che ha mixato la sigla, l’intro e ci sistema l’audio di ogni puntata con grande pazienza.

E quindi basta se no piango pure nella presentazione. Si parte: buon ascolto!

 

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