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Fare spazio dentro e fuori: decluttering

Ogni volta che ho liberato una casa per andare in un’altra ho provato dolore. Stipati negli scatoloni c’erano pezzi di vita decadenti, superstiti di un naufragio, i boh e gli speriamo, i questo assolutamente. Li ricordo tutti i miei traslochi: in particolare uno, in cui feci il  tragitto in auto per portare le ultime cose con le lacrime agli occhi, singhiozzavo agli stop, mi asciugavo le guance sui rettilinei, a ogni curva allungavo la mano per tenere le buste sul sedile accanto a me. Da fuori ogni trasloco deve sembrare un carico imbarazzante di ricordi.

Eliminare un oggetto, distruggere un ricordo

All’inizio pensavo che sbarazzarsi di un oggetto equivalesse ad allontanare il ricordo a cui era associato: ho fatto così per anni, per tutte le amicizie infrante, gli amori finiti, i dolori in solitaria, gli scontri in famiglia. Ah, mi hai fatto soffrire? E io ti elimino. Lettere strappate, regali buttati, la collanina che ci siamo comprate in quel viaggio insieme nel cestino. Al contrario mi veniva da tenere stretti tutti gli oggetti che conservavano il buono di qualcosa che era accaduto. Questa corrispondenza deve essere saltata alla prima casa piccola in cui sono andata ad abitare: il senso pratico o forse l’istinto di sopravvivenza ha prevalso sulla nostalgia. Ho scoperto che alla fine non va sempre così e soprattutto non è automatico: ho dimenticato alcuni momenti belli anche se avevo dei segnalibri solidi sparsi per casa e al contrario, certe ferite non andavano via nemmeno se intorno a me c’era il vuoto. In ogni caso, nel dubbio, le storie brutte è meglio che non abbiano briciole.

La tendenza ad accumulare, la paura di lasciar andare

Non buttavo perché avevo spesso il pensiero che anche se erano cose vecchie o danneggiate le avrei potute riutilizzare in futuro.  Bene, non mi è mai capitato. Mi è capitato invece spesso che arrivata al momento di scegliere se lasciare andare o meno, gli oggetti che un attimo prima sembravano futili diventassero all’improvviso necessari: ho rischiato di tenere tutto di nuovo. Credo che dipenda dal fatto che abbiamo la tendenza innata a legarci non solo alle persone, ma anche alle cose, ricoprendole di noi e delle nostre emozioni. Che fai, ti stacchi un braccio? Mai.

È inevitabile credo che i sentimenti siano legati agli oggetti ma io preferisco non esserne schiava. Voglio collocare il passato nel passato perché la tendenza a trattenere contribuisce a creare in me il caos, bloccandomi l’energia, che poverina, soffoca, incapace di essere utile nel presente e di progettare il futuro.

Gli oggetti che possediamo esistono qui e ora e sono la conseguenza delle scelte che abbiamo compiuto. Marie Kondo dice di buttare via tutto ciò che non ci emoziona, di conservare solo ciò che ci rende felici, dice che riordinando casa stiamo mettendo in ordine il passato e prendiamo coscienza di ciò che conta nella nostra vita, che riordinare è fare un inventario della nostra interiorità.

Decluttering: liberarsi dell’inutile

E ora che abbiamo fatto questa doverosa citazione Kondiana, arriva il signor Decluttering. Declutter è un termine inglese per indicare l’insieme di azioni con cui ti liberi di tutto quello che è inutile e superfluo. In casa si annidano oggetti che addirittura dimentichiamo: ogni volta che ne prendiamo in mano uno di quelli sembriamo degli archeologi alle prese con il sacro Graal.

Per me la prima volta è stato molto difficile: sono cresciuta avendo intorno a me esempi di accumulo, a volte seriale, a volte involontario, altre volte doveroso. Nella casa dei miei, della famiglia delle mie amiche, dei miei parenti, di amici e conoscenti: case che esplodevano di oggetti, erette su ere del passato su cui si adagiava un presente sempre in divenire e sempre più polveroso (hai presente i disegnetti della stratigrafia delle ere geologiche? Ecco una cosa così ma con più soprammobili). Si tiene questo perché è della bisnonna ed è un sacrilegio darlo via, quello perché ce l’ha regalato tizio e fa brutto buttarlo, quest’altro è il ricordino della comunione di Maria Chiara. Maria Chiara chi? La figlia del cugino della madre di Antonia, il secondo matrimonio però. Ah.

Erano altri tempi, forse, gli anni del consumismo, quelli subito dietro un lungo dopo guerra dove assaggiata la carenza e la povertà la reazione contraria è stata quella di tenersi stretto qualsiasi cosa. E non c’è giusto o sbagliato, per me c’è quello che ho fatto e quello che sto facendo ora. La Chiara adolescente aveva fame di accumulare amicizie, amori, oggetti, esperienze, ricordi, poster, musicassette, videocassette, libri, fotografie. Oggi se ci ripenso mi chiedo come sia stato possibile mettere così tante cose in così poco spazio, oggi che vorrei più bianco e aria ovunque.

Il tempo di svuotare

Il trasloco è una scusa. Non posso conservare oggetti inutili perché appunto non ci faccio nulla. Per fortuna non ho tante cose da buttare via perché almeno una volta l’anno ho imparato a guardarmi fuori e a guardarmi dentro. Compro molto meno e butto molto meno. Ho ancora un maglione che mi regalò mia madre in terza media, della Levi’s di lana bianca, lo metto ancora. Un consiglio: se vuoi iniziare un cambiamento la prima cosa da fare è sbarazzarti della zavorra. 

Ti dicevo, con la scusa del trasloco ho iniziato un lento cammino verso la liberazione da tutte le cose che non sono indispensabili. Via quei cd che ho comprato per sforzarmi di ascoltare musica intelligente ma che dopo la prima traccia ho stoppato, quel libro che mi hanno regalato che non leggerò mai, i vecchi cosmetici inutilizzabili, i medicinali scaduti, le padelle rovinate che hanno resistito a troppi “ancora un po’”, l’estrattore che ho regalato a Stefania perché io non lo usavo da due anni, i vestiti che non ho mai messo, quelli consumati complici di tante avventure, gli asciugamani consunti, gli oggetti parcheggiati in cantina in attesa del loro momento come fossero nel limbo di Dante.

Sono sempre stata molto brava a crearmi il nido, molto meno brava a disfarlo. Stavolta ho tempo, ho ancora qualche mese per detergermi l’anima, è la mia grande occasione di riscatto. La Chiara che piangeva in auto mi sta guardando e mi prende la mano, non posso deluderla.

Così non faccio tutta in una volta sola ma sto procedendo per piccoli passi. Vado in giro per casa, prendo una cosa e guardo quella accanto “quante volte ho utilizzato quest’oggetto nell’ultimo anno?”. Se la risposta è mai, la metto in uno scatolone per evitare che spostandola da una parte all’altra della casa (magari negli anfratti, dentro gli armadi, in quei posti dimenticati da Dio) si vada ad accumulare di nuovo da un’altra parte. Avrò tempo di dare, vendere, donare, condividere. Avrò settimane per decidere quello che voglio tenere, portare con me, usare ancora.

Dicono che per riordinare si parta una stanza alla volta, io parto ancora una volta da me.

 

 

Author: Chiara Gandolfi

Sono Chiara, vivo a Parigi con Roberto, Bonnie e Claudio. Questo blog è un diario incostante delle nostre avventure.  

5 Replies to “Fare spazio dentro e fuori: decluttering”

  1. Michela De Matteis says: Marzo 5, 2019 at 6:18 pm

    Buon tutto! 🙂

    1. Chiara Gandolfi says: Marzo 6, 2019 at 12:57 pm

      Grazie Michela!

  2. Spingersi un po' più in là - Elena Augelli says: Marzo 11, 2019 at 5:35 am

    […] del rapporto con il proprio corpo, di amore, di maternità o non maternità, di traslochi, di genitori. Insomma, un insieme di discorsi molto intimi, per nulla facili da tirare fuori. E io […]

    1. Chiara Gandolfi says: Marzo 11, 2019 at 8:30 am

      E allora bisognerà chiacchierarci su davanti a un caffè e un macaron 😉

  3. Il magico potere del riordino senza sprechi: idee per un decluttering green says: Marzo 17, 2019 at 12:50 pm

    […] nella vita e cosa no, e cosa dovresti o non dovresti fare.”  Ne ha scritto di recente anche Chiara, che è alle prese con un trasloco internazionale, e mi ha a sua volta ricordato molto un libro che […]

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